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(Adnkronos) –
L'Unione Europea deve trovare un accordo con gli Usa sulla questione dazi, per evitare di vedersi imporre pesanti tariffe sulle proprie esportazioni e conservare un "accesso" al mercato americano, ma non deve illudersi che con Washington tutto possa tornare come prima e dovrà produrre "da sé" la crescita necessaria. Lo sottolinea l'ex presidente della Bce Mario Draghi, in un discorso a Coimbra, in Portogallo, in occasione del XVIII Cotec Europe, intitolato "A call to action". Per l'ex premier, "dovremmo chiederci come mai siamo finiti nelle mani dei consumatori statunitensi per guidare la nostra crescita. E dovremmo chiederci come possiamo crescere e generare ricchezza da soli". Realisticamente, aggiunge, "non possiamo diversificare dagli Stati Uniti nel breve periodo. Possiamo e dovremmo cercare di sbloccare nuove rotte commerciali e far crescere nuovi mercati. Ma qualsiasi speranza che un’apertura al mondo possa sostituire gli Stati Uniti è destinata ad essere delusa. Gli Stati Uniti rappresentano quasi due terzi del deficit commerciale globale di beni. Le altre due maggiori economie, Cina e Giappone, registrano anch'esse persistenti avanzi delle partite correnti. Dovremo quindi raggiungere con gli Stati Uniti un accordo che ci lasci aperto un accesso" al suo mercato. Nel lungo periodo, tuttavia, sottolinea, "è un azzardo credere che torneremo alla normalità nel nostro commercio con gli Stati Uniti, dopo una rottura unilaterale così importante in questa relazione, o che nuovi mercati cresceranno abbastanza velocemente da colmare il divario lasciato dagli Usa. Se l'Europa vuole davvero essere meno dipendente dalla crescita degli Stati Uniti, dovrà produrla da sé". Draghi ha poi sottolineato come "il vasto ricorso ad azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e la definitiva privazione del diritto di voto dell'Organizzazione mondiale del Commercio hanno minato l'ordine multilaterale in un modo difficilmente reversibile. E queste recenti azioni dell'amministrazione Usa nel campo commerciale "colpiranno sicuramente l'economia europea. E anche se le tensioni commerciali si attenuassero, è probabile che l'incertezza persista e agisca da ostacolo agli investimenti nel settore manifatturiero dell'Ue". Quasi un quinto del nostro valore aggiunto totale, sottolinea, "proviene dalle esportazioni, il doppio rispetto agli Stati Uniti. Oltre 30 milioni di posti di lavoro sono sostenuti dalle esportazioni, pari a circa il 15% dell'occupazione. Inoltre, registriamo un ampio avanzo delle partite correnti di circa il 3% ogni anno, il che implica che, in termini netti, assorbiamo domanda dal resto del mondo". Questa apertura, osserva Draghi, "aumenta notevolmente l'esposizione della nostra crescita e occupazione alle azioni politiche dei nostri partner commerciali e ai cicli politici che hanno origine al di fuori dell'Europa. E la nostra principale esposizione è verso gli Stati Uniti". L'Ue è esposta "direttamente, poiché gli Stati Uniti sono il nostro principale mercato di esportazione, con oltre il 20% delle nostre esportazioni di beni che attraversano l'Atlantico. E siamo esposti indirettamente, poiché gli Stati Uniti sono la principale fonte di domanda per i nostri partner commerciali". Questo vuol dire, conclude, che "se la domanda statunitense vacilla, anche le importazioni dei nostri partner dall'Europa vacilleranno. L'analisi della Bce mostra che, in caso di uno shock al Pil statunitense, questi effetti indiretti sull'area dell'euro superano di fatto quelli diretti". —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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